Quando l’allievo supera il maestro: Giovanni Guidetti…

Sono trascorsi solo pochi giorni dalla seduta di allenamento col mitico prof Guidetti che un altro Guidetti (figlio) mi porta a scrivere sul blog del Fuori Campo e con orgoglio, visto che Giovanni è modenese, italiano ed ahimè, sulla panchina di un’altra Nazionale.

Non me ne voglia Bonitta a cui auguro di ritornare vincente sulla panchina della Nazionale Italiana, una panchina che fu costretto ad abbandonare a seguito di un ammutinamento della squadra al completo (caso raro nella storia della nostra pallavolo), ma leggere della vittoria del 4° trofeo stagionale con la squadra del Vakifbank (dopo Supercoppa, Mondiale per club e Coppa di Turchia)  rammarica e ti pone di fronte a domande curiose…

Sarà davvero solo per una questione di soldi che allenatori come Guidetti, Caprara, Barbolini, Abbondanza si sono trasferiti all’estero? Secondo una recente indagine di mercato che riguarda il marketing aziendale,  nella lista delle motivazioni che condizionano un acquisto, l’aspetto economico è al 3° dopo l’età, la posizione sociale e la carriera… e allora cosa manca a questi talenti italiani per rimanere in Italia?

Nell’attesa di ricevere una risposta sincera (e non di forma) è con piacere che pubblico l’intervista a Giovanni pubblicata nel Settembre dello scorso anno sulla rivista Ultrafilosofia, ringraziandolo per contribuire a tenere alto  i colori della nostra bandiera e della nostra pallavolo nel mondo!

“Caro Giovanni, quando hai deciso di intraprendere la tua carriera di allenatore di pallavolo quale è stata la tua scommessa, la tua sfida, e dalla tua esperienza quali invenzioni ritieni ne siano scaturite?

Cara Barbara
la tua domanda non è delle più semplici anche perchè non c’è una sola risposta, le risposte possono essere tante e svariate!
Soprattutto quella che mi fai è una domanda che più volte ho rivolto a me stesso! E’ chiaro che se sono diventato un discreto allenatore e se ho ottenuto qualche successo è perchè mi sono messo sempre in gioco e ho spesso rischiato un po’ alla cieca!
Avevo 23 anni quando mi proposero di diventare il primo allenatore a Spezzano con quasi tutto il sestetto che si aggirava intorno alla 30 con europei mondiali e olimpiadi alle spalle….non esitai un attimo a dire di si! Ovviamente non ero pronto, ovviamente non ero ancora preparato per un incarico tanto più grosso di me, ma ho rischiato, e mi sono fatto aiutare! Ricordo ancora quante domande facevo alla Sidorenko, alla Pagliari, alla Marabissi…volevo imparare da loro come allenarle il meglio possibile! Forse è  quello il mio segreto di sopravvivenza : voler imparare, chiedere, confrontarsi!!!! Dovunque sono stato (America,Bulgaria,Germania, Turchia…) , non mi sono mai presentato come un dittatore ma come un amico che voleva imparare e insegnare allo stesso tempo! Il mio desiderio di imparare e di migliorare mi accompagna da sempre! Mio padre, mio zio, Montali, Velasco, Frigoni, Doug Beal, Bernardinho, Toshida, Ze Roberto, cosi come tanti nomi di tanti giocatori e tante giocatrici…. da tutti ho voluto imparare qualcosa, tutti mi hanno insegnato qualcosa! Ricordo ancora quando ventenne andavo in treno da Modena al torneo di Montreux e guardavo 7 ore di allenamento di varie nazionali tutti i giorni e scrivevo tutti gli esercizi che vedevo! La risposta alla tua domanda quindi potrebbe essere questa:”ho deciso di espatriare per imparare sempre qualcosa di nuovo “! Una frase che in vent’anni di carriera non ho mai detto è “si fa cosi perchè lo dico io , si fa cosi perchè io sono allenatore” ! Mai! Si fa cosi perchè io penso che sia la maniera corretta, dopo aver visto e analizzato vari dettagli, tu cosa ne pensi? Questo è il modo di porsi! E forse è anche questo il motivo per cui sono sempre stato apprezzato all’estero (8 stagioni in Germania, già 5 ad Istanbul! Perchè non ho mai voluto imporre niente: ho sempre messo a disposizione le mie conoscenze confrontandole con gli altri e integrandole nella loro cultura! Mi chiedi se ho inventato qualcosa? non lo so, non lo credo! Chi ha inventato qualcosa sono stati i grandi di questo sport come Doug Beal, come Velasco…ovviamente ho il mio metodo, ho le mie convinzioni, e ho creato la mia pallavolo e il mio modo di allenarla! Una cosa di cui vado fiero? non sono le coppe e non sono le medaglie….vado fiero di avere creato ambienti di lavoro felici e sereni, aver rispettato tutti quelli che lavoravano con me, aver creato rapporti di amicizia con molti miei colleghi e giocatrici….chi lo sa, forse qualcosa l’ho inventato anche io: non occorre essere arrabbiati per ottenere qualcosa, non occorre creare un clima di terrore per vincere, non occorre mettere barriere tra giocatrici e staff, non occorre imporre il proprio ruolo e la propria superiorità, non occorre essere stronzi per farsi rispettare…. si puo’ vincere anche ( e io penso soprattutto), in un ambiente dove tutti sono felici di essere rispettando i propri ruoli! Se una giocatrice mi prende in giro per un pantaloncino abbinato male con una maglietta, per uno strafalcione grammaticale, per una gaffe qualsiasi…e cosi via… rido con loro e mi fa piacere !
Una squadra è come un orchestra: ognuno deve essere contento di farne parte, ognuno deve essere felice per l’importanza che ha: il solista come colui che suona il triangolo ogni 10 minuti, cosi come il direttore….tutti all’unisono lavorano per creare una buona musica! questa è la squadra!”