Coco Chanel

A 130 anni esatti dalla nascita di Coco Chanel, questa settimana voglio fare un salto nel passato per raccontare la storia di questa campionessa mondiale di stile e coraggio. Una storia che ha molto da insegnare, a mio parere, alle giovani generazioni (sportive e non) in merito a come l’eleganza e la testardaggine possano convivere in maniera vincente anche in momenti difficili. La metafora che ne esce dal racconto della vita di Coco è che il talento trova il suo estro nei momenti più impensati… E cosi quando sento le giovani generazioni lamentarsi della mancanza di una palestra perfetta, di una scarpa perfetta, di una società perfetta, di un allenatore perfetto per diventare campioni sorrido vado indietro con la mente. Dedico dunque la storia di questa settimana alle mie giovani pallavoliste e a tutti coloro che per colpa di questa crisi hanno smesso di sognare… La crisi è anche opportunità: Coco Chanel non era una dipendente del comune di Parigi, Michelangelo non era un dipendente della Usl di Firenze, Renzo Piano non è un dipendente del comune di Genova…

Ovvio che Coco Chanel, una delle più grandi stiliste del Novecento, fosse una donna creativa. Meno ovvio che non fosse nè una brava disegnatrice, nè una brava sarta, doti che vengono considerate essenziali per la professione di stilista. Nata il 19 Agosto del 1883 Gabrielle – questo il suo vero nome – trasforma la moda, la femminilità e l’eleganza femminile grazie alle semplici doti da rivoluzionaria. Partendo da una condizione di estrema povertà, i genitori erano venditori ambulanti, e trascorrendo i primi anni in un orfanotrofio da cui trarrà ispirazione per gli abiti monacali, la testardaggine e la fiducia nelle proprie capacità furono i primi talenti da cui partì per costruire la sua brillante carriera che la rende tutt’oggi icona di stile in tutto il mondo. Amava dire di se: ” Per prima cosa io non disegno, non ho mai disegnato un vestito. Adopero la mia matita solo per tingermi gli occhi e scrivere lettere. Scolpisco il modello, più che disegnarlo. Prendo la stoffa e taglio. Poi la appiccico con gli spilli su un manichino e, se va, qualcuno la cuce. Se non va la scucio e poi la ritaglio. Se non va ancora la butto via e ricomincio da capo… In tutta sincerità non so nemmeno cucire”. A domani…