Buon “mal di testa” a tutti…

Un anno si è appena concluso ed eccoci a tirare le somme di questo
meraviglioso viaggio, formalmente iniziato nel settembre 2012, chiamato Fuori
Campo.
Nel guardare le immagini dal sito ufficiale www.fuoricampo.info sembra
trascorsa un’eternità.
Sono tanti i protagonisti che hanno speso il loro tempo ed hanno messo la loro
faccia sul campo per sostenere questo progetto… e tutti a titolo gratuito!


Il nostro è stato un viaggio affascinate nelle pieghe del nostro sport, per
carpire piccoli dettagli o raccogliere utili informazioni che potessero esserci
d’aiuto nel nostro percorso in palestra.
Come tutti i progetti nascenti, siamo partiti da ciò che avevamo vicino: la
modenese Annamaria Botto, “madre d’arte”, è stata la nostra prima coach del
Fuori Campo. Sono poi seguiti in ordine il prof. Adriano Guidetti, il maestro
di sport Carlo Devoti, Andrea Anastasi, Pupo dall’Olio, Lorenzo “Tubbo”
Tubertini, Lorenzo Bernardi e lo scorso Dicembre, il maestro dello sport Fausto
Polidori.
Altri campioni e personaggio dentro e fuori lo sport hanno poi continuato l’
opera iniziata partecipando a team building e a laboratori di vario tipo: penso ai ragazzi del basket reggiano di serie A della Trenkwalder (ora Grissin Bon), al
fotografo romagnolo Michele Buda, al filosofo Gabriella Landini, alla
partigiana Maria Montanari detta Miscia ed al “partigiano” (so di fargli un
grosso piacere nel definirlo cosi) Renzo Ulivieri che ci ha ospitato nel tempio
del calcio a Coverciano.
Ultimo laboratorio della stagione, meritevole di un post-it a parte, la
trasferta a Milano presso il Centro Federale del Volley Nazionale femminile: il
Club Italia.
Spendo due parole in più per questa trasferta, non tanto perché le altre siano
di valore inferiore, ma perché allenarsi ad uno sport ed avere la possibilità
di potersi confrontare con la squadra che rappresenta la massima espressione a
livello nazionale, è un’emozione più unica che rara. Vedere le camere delle
ragazze del Club Italia, dove vivono e studiano, dove si allenano e dove anche
noi, insieme a loro, ci siamo allenate sarà un ricordo indelebile nella loro
memoria e, confesso, anche nella mia che in Nazionale ho avuto l’onore di
giocarci.
Per quanto mi riguarda, oggi non riuscirei più a svolgere l’attività di
allenatore giovanile prescindendo da questo progetto… lo so, per un istitutore
accollarsi l’onere di fare coaching è faticoso e se consideriamo che spesso non
viene neppure remunerato, chiedersi “chi ce lo fa fare” viene in automatico.
Ma per chi considera l’educare in tutte le sue forme (scuola, casa e palestra)
una missione che va anche al di la del risultato, ecco che allora questa fatica si
alleggerisce e diventa addirittura il motore che ci permette di entrare in
un’altra ottica, un’altra visione: quella dell’educare prima la persona e
poi l’atleta!
Sono fermamente convinta che così come si sta in campo, si sta nella vita e poiché le ore trascorse in palestra sono uguali a volte maggiori delle ore di
italiano e storia, ecco che allora l’allenatore diventa una presenza
fondamentale per la crescita dei ragazzi e delle ragazze che praticano uno
sport.
Se consideriamo che in Italia sono circa 95.000 i luoghi di offerta sportiva
(più delle scuole e delle parrocchie) e se consideriamo che il gesto dell’
atleta è da sempre considerato un metalinguaggio universale della nostra
società (una schiacciata o un calcio di rigore non ha bisogno di essere
tradotto né in Cina né presso qualche sperduta tribù africana), si capisce molto
bene a quale responsabilità siamo chiamati quotidianamente noi allenatori.
Pertanto, con queste premesse, non posso che augurare a tutti i coach, vicini
e lontani, un buon anno di lavoro dentro e fuori dal campo e a interiorizzare
un semplice quanto salvifico concetto: educare ha a che vedere con l’encefalea… per cui, se tornando a casa da un allenamento o da una gara magari persa male vi sentite un leggero mal di testa, state tranquilli… siete sulla buona strada!

Barbara Fontanesi